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‘Che cosa stai aspettando!', scrivi e pubblica, qualcuno prima o poi ti noterà, si accorgerà di te, che esisti, che respiri, che hai qualcosa da dire!


Il prestito del titolo è riferito a un ‘libro’ di Lu Paer (EEE editore -2013) che, in qualche modo, ritengo ‘speciale’, e di cui ho intenzione di parlarvi nel prosieguo di questo articolo. Sempre che abbiate del ‘tempo’ da perdere e ne troviate dell’altro per leggerlo. Il problema di fondo è proprio questo, tutti scriviamo moltissimo e leggiamo pochissimo, ma sembra ci sia una spiegazione a ciò, addirittura studiata da scienziati autorevoli che ne hanno definita la inevitabilità, in ragione del fatto che siamo ‘stressati’ dalle comunicazioni intertestuali e dall’uso delle nuove tecnologie. Semmai dovrebbe essere il contrario mi dico, se no l’iPad, l’ i-Pod, il Tablet, il … vattelappesca che li abbiamo costruiti per fare? Se, anziché, fornirci una maggiore disponibilità di Tempo, abbandonando gli sprechi e i tempi morti della nostra ‘incomunicabilità’. Ma se andiamo a leggere su FaceBook, WhatsApp e altri, ci rendiamo conto benissimo di cosa parliamo e cosa leggiamo, non serviva scomodare la scienza per capire che siamo sulla buona strada per l’inevitabile ‘apocalisse’ del comunicare. Non in ultimo l’accadimento a Roma dell’ennesimo ragazzo che si suicida perché gay proprio perché non ha trovato nessuno a cui comunicare il suo problema, nessuno a cui interessasse mettersi in ascolto di quanto aveva da dire. Ma non è mia intenzione essere così drastico nel giudicare ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti.
Come ormai avviene sempre più spesso, ci troviamo a confrontarci con il nuovo, nuove tecnologie, nuove procedure, nuovi programmi ecc. , come anche avviene per le pubblicazioni in rete, nuovi editori più o meno improvvisati, nuovi formati, nuovi linguaggi. Così, ho pensato che un adeguamento per così dire ‘adeguato’ da parte di chi scrive si renda più che mai necessario. Il punto però non riguarda solo chi scrive, commenta, recensisce e quant’altro, bensì anche e soprattutto la schiera dei nuovi lettori che imperversa sul web nella ricerca spasmodica di qualcosa da leggere che sappia di fresco, di vivace, di leggero (soprattutto), che impegni poco tempo di quel pochissimo che tutti noi (chissà perché) abbiamo a disposizione. E da poter leggere sui nuovi prodotti tecnologici che stanno rivoluzionando la vita di tutti, finanche degli animali di casa, costretti a rinunciare alle coccole, alle aggettivazioni cordiali, alle frasi amorevoli che fino a ieri erano rivolte loro, e che oggi vengono rivolte a emeriti sconosciuti che dall’altra parte dello schermo o dell’iPad, del Tablet e quant’altro, rubano a tutti noi e ai nostri animali, quello che va considerato il nostro ‘tempo’ e il loro ‘spazio’ vitale.
Come se non bastasse ci si mettono anche gli editori, anzi EDITORI, le maiuscole sono di rigore, che nelle nuove richieste vanno sul ‘difficile’: il testo deve essere redatto così, il corpo e il formato così, il conteggio delle parole e degli spazi, la trama riferita a questa o a quella virtù, che l’horror dev’essere 'horror', il giallo 'giallo', il romanzo melenso, che non deve offendere nessuno, non dev’essere spinto sessualmente e quant’altro, che viene spontaneo chiedersi se: ‘ma non potrebbero scriverseli per proprio conto e magari pubblicarli on-demand, o nel formato che desiderano e che sicuramente gli andrebbe bene? O, se preferiscono, in ‘android’? Che in un primo momento mi sono chiesto se volessero offendere la categoria ‘scrittori’, ‘poeti’, ‘redattori’, ‘commentatori’ e quant’altri dando a tutti, degli ‘ALIENI’. In un certo senso forse lo stiamo diventando e sicuramente lo diventeremo da qui a poco, ma per loro volontà; per quella sorta di risparmio del pubblicare che li vede attenti a economizzare su tutto, dell’accaparramento ingiustificato, del ‘non-impegno’ (perché senza controllo), nel corrispondere i diritti a ognuno, di quanti pur nella stragrande maggioranza di improvvisati, si sentono, si definiscono, si illudono di essere scrittori da premio Pulitzer se non da Oscar cinematografico.
Ma perché, mi dico, non lasciano che ci si illuda, è umanamente accettabile, o no?, e che tornino a fare il loro mestiere di editori, nel rispetto di chi scrive e soprattutto dei lettori che, scegliendo i libri di uno o dell’altro autore, riconosce la capacità letteraria dell'uno e l'intelletto dell’altro; così come apprezza la creativa intenzionalità dell’autore, e la rilevante ‘eccellenza’ dell’editore, quando c'è. Altrimenti chi gli riserverà mai un tale riconoscimento. Il successo? Sì, ma dell’autore. Mentre il suo, quello dell’editore, non sarà basato che sulle sue capacita di imprenditore e non in quelle di ‘intenditore’ o ‘scopritore di talenti’ ma solo quello economico, per aver venduto una manciata di libri più di quell’altro, destinati comunque a restare anonimi. Riconosciamo dunque a ognuno il proprio ‘ruolo’  e riprendiamoci il merito che ci spetta dall’una e dall’altra sponda dell’editoria, e  il piacere di leggere, di comunicare, di ascoltare e di comprendere gli ‘altri’ (ivi inclusi gli animali), tutti quegli ‘altri’ diversi per genere, che siamo tutti noi. Pretendiamo che gli EDITORI facciano il loro mestiere non di imprenditori tout-court ma, soprattutto, di compagni di viaggio, che è nel comunicare e nel comprendere che rendiamo il miglior servizio a noi stessi e riveliamo la nostra ‘eccellenza’, non nell’accumulo sconsiderato del denaro, bensì nel rispetto degli altri, che vale molto più dei 'trenta denari' che entrano nelle tasche. 


Com'è detto, il prestito del titolo è riferito a un ‘libro’ di Lu Paer (EEE editore -2013) che, in qualche modo, mi ha permesso di aprire uno spazio di dialogo sull’argomento qui rivolto agli EDITORI, sempre alla ricerca del nuovo e di autori definiti ‘emergenti’, forse intendendo con ciò, emergenti dal pantano letterario in cui noi (autori) e loro (editori) ci siamo cacciati. Ma il discorso ‘emergenti’ ha ben altro suono, e sembrerebbe come se i ‘vecchi’ noti e non noti, non abbaino più nulla da dire. Allora mi domando se agli ‘emergenti’ quel qualcosa di buono, quei pochi valori che ancora resistono, l’amore che alcuni di essi portano per le arti in genere, qualcuno deve pur averglielo insegnato, o no? Non posso pensare che l’abbiano apprese dalla tecnologia, anche perché sarebbe impossibile, proprio in funzione di essere androide e quindi aliena alla concettualità umana. Comunque, stando così le cose ringrazio l’editore (pur senza maiuscole) che ha attivato questa importante operazione di solidarietà e di sostegno che vede la sua autrice, questo libro, e quindi il suo editore Piera Rossotti Pogliano, Direttore Editoriale di Edizioni Esordienti E-book, per aver destinato i proventi delle vendite, ben pochi spiccioli, alle associazioni che si occupano della tutela degli animali.

 

Siete certi di non essere stati animali in un’altra vita? Beh, c’è sempre tempo per riconoscerci in essi e a redimerci, almeno nell'intenzione e del rispetto che dobbiamo a tutte le creature e a quel che ci rimane del 'creatto', glielo dobbiamo!

 

Anche per questo ho ritenuto doveroso lasciare la parola proprio all’editore cui va riconosciuta una qualche ‘eccellenza’ nell’ambito dell’editoria italiana e spero non solo.


Autobiografia? Sì, ma soltanto se diventa davvero un romanzo, di Piera Rossotti Pogliano.


Come penso accada a tanti editori, sono sommersa da manoscritti di tipo autobiografico. Tante persone vogliono raccontare la loro vita, ritenendola eccezionale. Ora, la nostra vita è sicuramente importante per ciascuno di noi, ma interessa agli altri? Personalmente, trovo noiose le autobiografie. Ecco, l'ho detto! Adesso mi farò odiare dai tanti autori di manoscritti che, trepidanti, mi hanno mandato i loro file che ovviamente non pubblicherò.Quando però l'autobiografia diventa romanzo, l'esperienza vissuta si fa racconto capace di trasmettersi al lettore, ecco che scatta qualcosa, attraverso la magia della scrittura.
È stato il caso con di un'autrice che ho amato da subito. «Sono nata in un paesino sperduto di montagna dal quale ho sempre desiderato fuggire. Mi sentivo soffocare da quelle cime alte e buie che consideravo un ostacolo verso l’infinito, finché, ormai quarantenne, ho iniziato a scalarle e ad amarle, se pur con un rapporto di toccata e fuga. Mi è capitato spesso, infatti, di essere in parete la mattina e di sentire il bisogno di vedere il mare nel pomeriggio. Della mia infanzia non ho memoria, ma credo sia stata un incubo. Mia madre mi rinfacciava spesso di averle causato un parto doloroso: non volevo nascere; penso ci sia una prudenza nascosta dentro di noi che a volte ci fa percepire cosa ci aspetta.
A pochi giorni di vita, poiché ero una bambina impegnativa, mi affidò a un’altra famiglia e, forse per sopravvivere al distacco, si dimenticò di avere una figlia. Pure questo me lo fece pesare, tanto che solo da adulta associai questo abbandono non soltanto al suo dolore, ma anche al mio. È resistito al buco nero di quegli anni unicamente il ricordo di un cucciolo di elefante bianco e rosso dal quale non mi staccavo mai. Così inizia la storia di Lu e del suo impulso a "buttare via" se stessa, ad autodistruggersi con l'alcol, i farmaci, la bulimia... fino a ritrovare la strada, attraverso un percorso assolutamente inatteso: l'amore per gli animali, soprattutto per quelli abbandonati, sfortunati, con i quali entra in immediata sintonia. Ma gli animali hanno bisogno di un posto per vivere, di cibo e di cure, e questo costa quattrini. Per procurarseli, occorre un lavoro redditizio. Così, Lu si mette a fare la escort. E, incredibilmente, è attraverso questo mestiere che arriva il riscatto e la capacità di continuare a dare amore. Perché dare amore è l'unico modo per essere felici.

Trovi questo e-book su tutti i webstore, Amazon, la Feltrinelli, IBS, Libreria Universitaria ecc. mentre ordinandolo sul sito dell’editore, anche in versione cartacea, non si pagano le spese postali.

 

 

 

 

 

 

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